Il nuovo singolo, Take it easy. Storie di pirati, isole lontane e tesori nascosti. Tempo d’estate, di sere d’estate, di rock.
Da ascoltare al massimo volume senza pensieri, magari facendo un giro a Pitcairn
In uno scenario musicale, dominato da fanatismo e presunzione, mi rivolgo a quei soggetti che, dopo aver pubblicato uno o due dischi, ostentano fenomenologia di sentirsi già i numeri uno ed invece si rivelano vacue bolle di sapone. E allora, Giuseppe Calini che dovrebbe dire dopo 17 album? Se ancora non bastano 17 dischi ad imporlo alla ribalta, questo è un chiaro segnale di scarso fiuto dell’industria discografica.
Il coriaceo rocker legnanese ha, fortunatamente, la grande dote dell’umiltà e dell’anticonformismo, scevro da usi, consuetudini e ruffianerie modaiole. Sarà proprio tutto questo che dà fastidio ai mammasantissima delle major: non riuscire a piegarlo ai sicuri clichè del pop e non adattarlo ai cambiamenti che vorrebbero importi.
E’ da una vita che Calini blinda il suo rock con le unghie e con i denti e lo ribadisce ancora una volta con “Verso l’Alabama”, lavoro sanguigno e orgogliosamente demodè che regala oltre un’ora di musica graffiante e poco soporifera, poiché la cinquina di ballads che annovera il disco Giuseppe te le spara con i colpi a salve, in quanto il rock deve colpire ma non far morire: “Take it easy”, “Una lunga strada da casa” e “Tu sei qui” rappresentano la carezza ruvida ed efficace di come si tratta la narrazione grintosa.
L’album già spinge al primo giro con “Il rock degli anni’70”, in cui Giuseppe traccia un chiaro identikit di vibranti chitarre e riffs ruggenti. In “Il sogno non c’è” Calini s’inventa un brioso giro di tastiera saltellante per destare perfino istinti dancerecci.
L’opera è una Colt con 16 colpi nel tamburo, ma non credete al Nostro se (in traccia 9) dichiara “Ho finito le cartucce”: è semplicemente un’ironico grido d’allarme rock-blues che non sa mai di rassegnazione. “Sangue nervoso” inietta un verace tessuto ematico, ispirato nell’interpretazione al Blasco nazionale. E se quest’ultimo è il celeberrimo Kom, Calini è investito, di diritto, nel ruolo di Kap (itano) di ventura, con il piglio e la determinazione grezza ed abrasiva di “Io sono il tuo capitano”.
Il caricatore si svuota con l’ultimo sparo di “Rock’n’roll”: titolo che può sembrare scontato ma (invece) altamente emblematico di come si possa ostentare, con fierezza e orgoglio, la difesa a spada tratta di tutti i suoi “credo” incrollabili a 50 anni “suonati” bene… molto bene…
Puro rock, così come sempre perché Calini il rock ce l’ha nel Dna. Sono rimasti in pochi, duri e puri, quelli che non si cambiano per salire sul palco, quelli che sanno vivere in una dimensione di divertimento, sempre. Perché questo è il rock per chi lo vive. Non lo fa per moda o interesse, semplicemente perché è il suo stile di vita.
Che sia nella sua Legnano al suo locale storico, La luna nel pozzo, al suo hotel, o dietro alla sua Telecaster, Calini è sempre lo stesso, con la battuta pronta e una voglia di vivere con passione qualsiasi cosa faccia.
Verso l’Alabama è una raccolta di brani rock, include il singolo” Take it easy” supportato da un video che la dice lunga sul modo di vivere “scherzoso” di Calini. Chitarre, riff, rullate si susseguono in un infinito emozionarsi. Dalle ballate di “Una lunga strada da casa”, “Quando gira male” (dedicata a un suo Bulldog), “Peter Pan” al rock di “Sangue nervoso” con il rock sudista di “Verso l’Alabama”, inimmaginabile per un musicista italiano, il disco percorre 30 anni di carriera, Immancabili “Il rock degli anni 70”, “Rock’n’roll”, “ Tu sei qui”…
sulle ali del rock’n’roll, da ascoltare ad alto volume, per tornare ai tempi in cui si suonava davvero. Per chi non vuole cedere all’elettronica. Non è mai troppo tardi.
Copyright © 2017 Giuseppe Calini
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